C’è un dato interessante, che ricordava sul Corriere della Sera, Antonio Polito. Il titolo già è significativo: Gli eterni ritorni dei primi ministri italiani. C’è da rallegrarsi, forse, ma la notizia è questa: abbiamo il record mondiale in fatto di ex primi ministri ancora viventi: ben 11. In Germania, per dire, sono due.
I nostri governi, per porla altrimenti, cadono con una facilità che è unica al mondo. Per dare i numeri: dal 1946 ad oggi abbiamo avuto un governo ogni 412 giorni. Dietro l’instabilità, il frammentarismo, quella capacità tutta italiana a dividersi in tifoserie, a fondare tre gruppi quando ci sono due pensieri, dove a prevalere è sempre l’interesse egoistico e privato del singolo io. La legge elettorale, certo, ha esasperato la logica delle contrapposizioni, io sto qua e tu stai lì, io ho tutta la ragione in tutti gli argomenti, tu stai sempre dalla parte del torto, io sono onesto e tu delinquente a prescindere.
I filosofi tedeschi parlavano di società dell’atomo, in Italia Augusto Vera, l’Italia stava per compiersi e Marco Travaglio ancora non era nato, lamentava una società sfera di scissione e dispersione, dove gli individui sono impegnati nei loro fini particolari, senza avere cura dell’interesse collettivo. Eppure a ciascuno è chiaro che “senza un rapporto con gli altri”, il più esteso possibile, non è detto riesca a conseguire l’ambito dei suoi fini. Il liberalismo spinto all’atomismo, i diritti senza doveri, portano a questa conflittualità perenne. Qualcuno, invece, già da allora cominciò a parlare di doveri. A dire, cioè, che la libertà puoi trovarla solo nella legge. Qualcuno che evidenziò che la libertà ‘dalla’ legge è una libertà illusoria, come ogni diritto preteso così, perché non può esistere associazione tra liberi e schiavi, ma solo dominio. Bisogna invece tutti lavorare per un bene comune, “come le note che creano un’armonia”, scrisse Mazzini. L’umanità è il verbo vivente di Dio, ma bisogna che i discorsi siano raccolti da un unico senso, siano articolati e compiuti, non frammentati e confusi.
Ci troviamo in un nodo teorico interessante nella filosofia politica. Una doppia connessione sociale. Da un lato c’è la particolarità, l’individuo singolo, che “può promuovere il proprio benessere solo entrando in rapporto con gli altri individui, solo diventando un anello di una lunga catena; per un altro verso il singolo, in quanto promuove il proprio benessere, produce beni e servizi anche per altri, sicché, mentre crede di lavorare solo per sé, lavora invece per tutti” (Cesa). Anche in Kant noi troviamo che “gli impulsi naturali”, “le fonti della insocievolezza e generale rivalità donde nascono tanti mali”, “spingono però a loro volta a una nuova tensione delle energie e quindi a un maggior sviluppo delle disposizioni naturali”, e proprio per questo rivelano “l’ordine di un saggio Creatore e non già la mano di uno spirito maligno”.