Tanti “luoghi comuni” del Medioevo ci sono trasmessi dallo studio della storia secondo i canoni più diffusi, in parte eredità di un modo di organizzare la scuola seguendo criteri prestabiliti e acritici. Quel lungo periodo che convenzionalmente chiamiamo “Medioevo” si deve alla penna dei rappresentanti dell’Umanesimo, per i quali i mille anni seguiti alla caduta dell’Impero d’Occidente dovevano essere letti come un lungo periodo buio, una fase di “torpore” durante la quale il percorso dell’uomo si era arrestato. Il tutto in attesa di un “risveglio” della creatività umana che avrebbe avuto la propria consacrazione nel Rinascimento. La storia narrata dal forlivese Blondus Flavius nella sua opera Historiarum ab inclinatione Romanorum decades consentì di cristallizzare il periodo dal 412 al 1441, facendo corrispondere quello spazio temporale a un’epoca che sarebbe coincisa con le codificazioni imposte dalle scansioni storiografiche convenzionali (in cui l’età di “mezzo” inizia nel 476 e finisce nel 1453 o nel 1492, a seconda delle preferenze degli storici).
In sintesi, la crisi dei modelli classici e il declino della Roma imperiale sono, nella critica umanistica, un (lungo) periodo da censurare. E fu così che «l’invenzione del Medioevo» coincise con il recupero dei criteri classici di bellezza, nel tentativo di superare tutto ciò che era stato prodotto da una cultura spesso molto avanzata, ma che risultava inconciliabile con i modelli propugnati dall’Umanesimo già teorizzato dal Petrarca. E si dovranno attendere secoli per una diversa valutazione di quell’età del mezzo. Tra il Settecento e l’Ottocento si fronteggiarono due diverse impostazioni. Se – da una parte – il Medioevo venne indicato come la peggiore delle stagioni della storia dell’uomo, in contrapposizione con le istanze della razionalità illuministica – dall’altra – quei “secoli bui” vennero trasformati nel luogo della esaltazione della spiritualità, proprio per arginare il “pericolo” di vedere abbandonare la mente umana a se stessa, di fronte alla furia iconoclasta di qualche interprete di un razionalismo eccessivo. Per esempio, il Romanticismo si alimentò di stereotipi e luoghi comuni, che facevano di quei mille anni così disomogenei un percorso da attraversare e da rivivere per dare forza e impulso alla ricerca di radici autentiche, spesso accompagnate dalla riedizione di blasoni falsificati e dall’aggiunta, in ville e palazzi, di ruderi apocrifi e di improbabili leggende di fantasmi. E, così, autori come Horace Walpole diedero vita a un fortunatissimo filone letterario basato sulla finzione storica. Walpole aprì questa stagione grazie al romanzo The Castle of Otranto, dato alle stampe nel 1764.
In quel periodo si gettarono le basi per il Gothic Revival nelle arti. L’architetto James Wyatt, dopo un lungo soggiorno in Italia, se ne tornò nella sua isola con
un fascio di suggestioni che gli permisero di realizzare castelli neogotici, come Fonthill Abbey, quale residenza dello scrittore William Thomas Beckford. Il percorso animò un eclettismo storicistico, che pervase tutta l’Europa e molte città dell’America del nord, alla ricerca di tradizioni inventate (da cui derivarono le leggende sugli inverosimili coccodrilli nei fossati dei castelli, che avrebbero invaso le sceneggiature dei film hollywoodiani del passato).
In Italia, in Francia e in Germania le ville si arricchirono di elementi architettonici volutamente falsi ed esasperati. Nella seconda metà dell’800 anche la più antica repubblica del mondo, la Serenissima Repubblica di San Marino, volle che la Domus Magna Comunis, il vecchio palazzo pubblico per eccellenza già sede dell’arengo, venisse riedificato in chiave “neomedievale”. L’edificio fu inaugurato il 30 settembre 1894, alla presenza di Giosuè Carducci, che – non a caso – aveva glorificato le spinte patriottiche e la coscienza nazionale sorte in età medievale, sino ad aver recuperato alcuni degli antichi modelli metrici e stilistici della poesia trecentesca. Ovviamente, sia l’impostazione di chi vede nel Medioevo il peggio degli sviluppi umani sia la lettura di chi lo celebra come periodo di autentico misticismo appaiono forzate e sono frutto dell’esaltazione di solo alcuni dei tanti aspetti emersi in quel millennio. In quei mille anni vi fu di tutto: stragi efferate, guerre terribili, città messe al sacco, eccidi di massa. Ma le bassezze umane appartengono a ogni stagione della storia e, purtroppo, ancora oggi la maggior parte degli abitanti del pianeta vive in condizioni in cui i diritti fondamentali vengono calpestati costantemente. Per il resto, confinare il Medioevo a quegli episodi è un errore frutto di una impostazione semplicistica, che non tiene in considerazione i progressi degli studi in vari settori, la messa a punto di varie invenzioni, lo sviluppo di una sensibilità artistica fatta di simbologie forti, la nascita delle Università, il riposizionamento sociale di arti e mestieri, il riconoscimento di diritti diffusi.
Prova ne è il fatto che la figura della donna non venne affatto compressa e – anzi – fu spesso oggetto di grande attenzione, sino a diventare fonte di ispirazione. E questo avvenne non solo nella continua riproduzione nelle arti figurative della Madre di Cristo, ma anche nella letteratura idealizzante le donne amate dai poeti. Il Medioevo è il periodo durante il quale una chiacchierata attrice come Teodora, divenuta moglie di Giustiniano, diventa “basilissa”, reggendo l’impero con il marito e propiziando molti interventi militari e politici legati al nome del restauratore dell’unità imperiale, così caro a Dante. Il Medioevo è una stagione nel corso della quale una donna come Cia degli Ubaldini (sposa di Francesco II degli Ordelaffi) impugna il ferro per proteggere una Cesena assediata dall’Albornoz in una delle più strane crociate “laiche” lanciate dal papato. Il Medioevo è anche una fase di risvegli nazionali propiziate da donne forti ed energiche come Giovanna d’Arco: condannata con pretesti assurdi da una giustizia pilotata dagli inglesi e dai borgognoni, ma seguita con slancio dai sostenitori del delfino (legittimo) al trono di Francia. Qualche donna cercò anche di cambiare la Santa Romana Chiesa. Per esempio Maifreda da Pivorano (che sembra aver ispirato la carta della “papessa” del celebre mazzo di tarocchi “Visconti-Sforza”) il giorno della Santa Pasqua 1300 celebrò a Milano il pontificale pasquale con rito ambrosiano. Maifreda, seguace di Guglielma la Boema, pensava che le donne avrebbero dovuto avere più peso nella vita della Chiesa. Ma si sbagliò: dopo un processo di cui sono ancora consultabili lacerti, venne condannata come eretica e condannata al rogo davanti alla chiesa meneghina di Sant’Eustorgio, assieme ad altri seguaci della mistica arrivata dalla Boemia. In effetti, i confini tra misticismo ed eresia furono sempre difficili da stabilire, anche se – bisogna ammetterlo – la vera stagione della “caccia alle streghe” iniziò solo dopo la fine di quell’età storica convenzionalmente conosciuta come Medioevo.
Per approfondire questi temi, sabato 29 luglio, alle ore 21,00, presso il Castello malatestiano di Longiano (FC) si terrà la conferenza storica «Magia e Passione delle Donne medievali», nell’ambito della Terza edizione della rievocazione «La Storia va a Corte». Il programma è consultabile qui:
https://www.itinerarinellarte.it/it/eventi/la-storia-va-a-corte-6336
Foto Jeanne d’Arc a the stake, Panthéon de Paris | Rémih CC BY-SA 3.0