Colui che per primo nell’età contemporanea si è preoccupato di istituire la Repubblica in quanto tale, è passato alla storia nientedimeno che come “l’arcangelo del terrore”. E si capisce bene, allora l’idea della Repubblica spaventava più della ghigliottina trascinata per strada. Il 25 agosto del 1767 a Decize, nell’alta Loira, nasce alle dieci di sera Luis Antoine de Saint-Just. Ogni repubblicano dovrebbe onorarne la memoria, perché senza la sua brevissima opera la vita democratica non avrebbe mai superato lo stato dell’anarchia. “Le democrazie antiche – scriveva – non possedevano leggi positive: ecco ciò che le innalzò in un primo tempo al culmine di quella gloria che si conquista con le armi; ma ecco anche ciò che in ultima istanza rovinò tutto. Quando il popolo si fu riunito, il governo non ebbe più una forma assoluta e tutto finì in balia degli arringatori. La confusione fu la libertà. Vinse talora il più forte, talora il più abile. Avvenne così che il popolo di Roma esautorò il Senato e che i tiranni esautorarono il popolo di Atene e di Siracusa”. Il progetto filosofico di Kant Per la pace perpetua è sostanzialmente un adattamento dello Spirito della Rivoluzione e la costituzione in Francia di Saint-Just di tre anni prima.
All’interno del comitato di salute pubblica, Barere, che doveva pur disporre di qualche qualità per sopravvivere a tanti cambiamenti, lafayettista, girondino, ultraterrorista, termidoriano, sosteneva che il vero rivoluzionario, non fosse Robespierre, un parruccone moderato e difensore dei preti, ma il solo Saint-Just. Per la verità, Saint-Just era quello che voleva erigere le istituzioni repubblicane, Robespierre si preoccupava di predicare la virtù presso i giacobini, che in effetti ne avevano poca. Saint-Just nel 1792 ha 24 anni e a 21 si era già messo a scrivere una costituzione monarchica sul modello britannico. Lavoro che si interrompe con la fuga del re. Se Saint Just vede fallire la sua architettura costituzionale causa un fellone, non si perde d’animo. Si proclama repubblicano e si mette subito ad elaborare lo stesso un progetto costituzionale perché il nuovo regime non scompaia nel caos. Il grande storico Michelet riteneva Saint-Just l’unico, prima di Bonaparte, con le sufficienti capacità di realizzare una svolta dittatoriale. Eppure la dittatura in Saint-Just è la stessa prevista dalla repubblica di Roma, il tempo necessario per impedire che la democrazia rovini nel caos o venga usurpata da una nuova tirannide. La dittatura di Saint-Just deve tutelare il parlamento. La sua lotta alle fazioni e la difesa del governo rivoluzionario, seguono questa linea istituzionale. Saint-Just, magari è un suo limite, non ne intravede altra per salvare la libertà appena conquistata dal popolo francese, che in effetti considera “un eterno bambino”.
Saint Just non era mandato avanti da Robespierre, al contrario lo precedeva. Tanto Saint-Just galoppava, più i comitati arrancavano. Se la Convenzione non si fosse messa in testa di non poter vincere la guerra senza i rappresentanti in missione e soprattutto se Saint-Just non avesse avuto solo 25 anni nel 1793, avrebbe potuto dedicarsi meglio a affinare l’impianto istituzionale che aveva appena elaborato. La rivoluzione diviene una vertigine dove l’epopea guerriera gli appare in grado di semplificare il processo politico che si doveva compiere, per cui la Francia repubblicana sarebbe diventata la nuova Sparta. Baudot che certo non lo amava e tutto avrebbe fatto pur di sminuirne la figura, testimonia di averlo visto 5 volte caricare le truppe nemiche a cavallo in una sola giornata, come fosse un qualsiasi ussaro. E pure in Saint Just non c’era alcuna predisposizione all’eroismo militare, la sua principale occupazione al fronte era l’approvvigionamento delle truppe. La forza delle cose, gli prendeva la mano, era un ventenne insomma. I generali tremavano quando lo vedevano distratto a scarabocchiare sul suo quaderno nero che estraeva da una tasca del pastrano interrompendo le conversazioni. Credevano fossero liste di proscrizione. Saint-Just appena lo annoiavano, si metteva a scrivere la sua Costituzione che si portava sempre dietro come l’estremo rifugio, Ne sono rimasti solo i frammenti. Il diciottesimo che poi è il terz’ultimo. “La libertà è la garanzia del cittadino in rapporto all’applicazione delle leggi. Ogni cittadino di qualsiasi età e sesso che non eserciti nessuna funzione pubblica, ha il diritto di accusare davanti ai tribunali penali chiunque, insignito di autorità, si sia reso colpevole nei suoi riguardi di un atto arbitrario”. Ignorare il pensiero di Saint-Just rende impossibile capire la Rivoluzione francese, e tutto sommato, anche come sia stata concepita storicamente e legalmente la Repubblica.
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