Se uno vuole una valutazione storica non va al cinema, va in biblioteca. Al cinema si vede uno spettacolo, anche se di autore, anche se di carattere storico e anche se il soggetto concerne Napoleone Bonaparte. Nemmeno la settimana scorsa uno dei cinquanta bicorni che avrà indossato l’Imperatore, senza che si sapesse nemmeno in quale occasione è stato battuto ad un’asta per un milione e novecentomila euro e rotti. La cifra da l’idea del valore di un personaggio vissuto due secoli fa. Su di lui sono stati scritti almeno 50 mila libri. Nel cinema abbiamo già avuto un capolavoro assoluto, il Napoleon di Abel Gance, 1927. Se c’è un film storicamente mistificatorio è quello. Bonaparte viene arrestato sotto Robespierre e liberato a Termidoro. Quello fu Hoche, sospetto al comitato di salute pubblica ed in urto con Saint Just. Bonaparte era un robespierrista convinto. Abel Gance sarà più attento alla ricostruzione storiografica nel film Austerlitz del 1960, pellicola di cui pure nessuno parla mai. Tutti i film su Napoleone sono storicamente discutibili se non danno l’idea di un Bonaparte che inizia la sua carriera di successo a 24 anni e che è primo console a 29. Sacha Guitry lo sapeva bene tanto da usare due attori diversi appositamente per la sua monografia del 1955. L’attore voluto da Scott ha quasi 50 anni. A quell’età Napoleone era finito da un pezzo.
Scott è un esperto della ricostruzione dell’epopea napoleonica dal momento che il suo primo film fu The Duellist, tratto però da una novella di Joseph Conrad e quindi opera di adattamento fantasioso della storia. Per il resto Scott si è imposto come autore di fantascienza, per cui un Bonaparte che bombarda le piramidi o che assiste all’esecuzione di Maria Antonietta va benissimo, anche se la battaglia delle piramidi non avvenne sotto le piramidi, e quando la ex regina di Francia venne decapitata, Bonaparte era all’assedio di Tolone. Napoleone era invece a Parigi il 10 agosto del ’92 alla presa delle Tuileries e lasciò un ritratto di Luigi sedici memorabile quanto irripetibile. Evidentemente Scott ha seguito le sue suggestioni, come è lecito per ogni autore. La ricostruzione storiografica è davvero troppo complessa per chiunque. Des Cases nel suo memoriale di Sant’Elena riferisce che Napoleone rimase impressionato dalla bellezze delle cupole di Mosca tanto da voler abbellire Notre Dame. Gli architetti fecero notare che la doratura di Notre Dame avvenne prima che l’Imperatore vedesse Mosca. per cui se De Cases non avesse avuto un incidente memonico, lo avrebbe avuto lo stesso Napoleone e su se stesso. L’aneddotica consente infiniti di questi esempi. Bisogna anche tener presente che il ministro di polizia di Bonaparte primo console e poi imperatore fu Fouché che certo era esperto nel far sparire le carte compromettenti. Bonaparte fra Tolone e Vendemmiaio deve essere pur stato impegnato in qualche cosa che magari non desiderava far trapelare pubblicamente. La cinematografia si sbizzarrisca fin che vuole.
Che Napoleone fosse innamorato di sua moglie è certo, il che non autorizza a montare un romanzo sentimentale. Infatti se ne sbarazzò glacialmente causa la ragion di Stato e aveva avuto già altre donne e ben due figli extraconiugali. Quanto al lato militare nemmeno vale la pena di parlarne, in un modo o in un altro Napoleone vinse più di 50 battaglie e la tecnica bellica del trionfo di Marengo è più o meno la stessa di quella della disfatta di Waterloo. La guerra è un’arte più che una scienza e Bonaparte voleva generali fortunati, non valorosi.. Di suoi ritratti ve ne sono di infiniti, particolarmente esaustivo è quello fornito da Massena e che forse Scott non conosce. Massena, vincitore della battaglia di Loano, si aspettava di ricevere lui il comando dell’Armata di Italia e quando si vide arrivare il robespierrista Bonaparte ora passato alla corte di Barras, nanerottolo, smunto e per giunta sentimentalmente compromesso, si disse ecco il solito raccomandato di Parigi. Eppure fu lo stesso Massena ad ammettere che appena calzato il cappello, Buonaparte, era cresciuto di due piedi. Quel cappello che per Wellington in battaglia da solo valeva 50 mila soldati e che adesso viene venduto a quasi 2 milioni di euro.
foto pixabey cco