Il segretario regionale del Pri dell’Emilia Romagna, Eugenio Fusignani chi ha inviato il seguente intervento che volentieri pubblichiamo
Quando i valori dell’europeismo atlantico democratico non appartengono alla propria cultura, basta il primo stormire di fronde per far prevalere l’egoismo di parte. E così, basta una semplice domanda di una giornalista inglese per mostrare il re nella sua integrale nudità.
È quanto sta accadendo in questi giorni, con Giorgia Meloni che, invece di fortificare il nostro ruolo nell’Unione Europea, sceglie di allinearsi con Donald Trump che come mai prima d’ora nella lunga storia dei rapporti con gli USA, cerca di minare l’unità europea.
Pe questo la posizione manifesta di Giorgia Meloni, che ha scelto di schierarsi con Donald Trump, pone seri interrogativi riguardo alla nostra politica estera e al nostro futuro all’interno di un’Europa. Sceglier Trump, infatti, significa implicitamente sostenere la sua politica dei dazi, che spinge per negoziare con ogni singolo Stato anziché con l’Unione Europea nel suo insieme.
Questo non solo indebolisce l’Europa, ma rischia di dividere il nostro continente proprio in questo momento storico dove la divisione tra gli Stati membri è l’ultima cosa che ci possiamo permettere.
Dal 2 aprile, la scelta di Meloni di inseguire Trump nel suo gioco di frammentazione dell’Europa non è solo una mossa geopolitica rischiosa, ma un errore che potrebbe farci perdere un’opportunità storica di costruire un’Europa unita e forte, in grado di rispondere alle sfide globali.
Questo atteggiamento non fa altro che rinforzare la visione isolazionista e egoista di Trump, la quale vede gli Stati europei più come “parassiti” che come alleati in una visione comune dell’Occidente. E proprio in questo contesto Meloni farebbe bene a ricordare che l’Italia è a pieno titolo un paese dell’Europa, non un satellite da manovrare nelle politiche di un leader esterno.
La tradizione repubblicana italiana, da Ugo La Malfa a Giovanni Spadolini, ha sempre avuto una posizione chiara e forte nei confronti degli Stati Uniti: alleanza sì, ma con la fermezza e la dignità che derivano dalla consapevolezza della nostra appartenenza ai valori fondamentali dell’Occidente.
Il rispetto internazionale non si guadagna venendo invitati a una cena di gala a Washington, ma si conquista ogni giorno con la coerenza, con l’autonomia e con la difesa dei principi democratici che, per noi, sono quelli che da sempre definiscono l’Europa.
Infatti, non è la subalternità che garantisce il peso politico, ma la forza di chi sa rivendicare la propria identità con coraggio e determinazione.
La lealtà verso gli Stati Uniti è importante, ma non deve tradursi in una dipendenza che ci costringa a sacrificare il nostro ruolo centrale nell’Unione Europea.
La presidente Meloni dovrebbe chiarire che l’Italia, come membro fondatore dell’Europa, non ha bisogno di rincorrere l’America per legittimarsi, ma deve rimanere fedele ai propri ideali europei, a quella cultura di pace, giustizia e progresso che rappresenta il cuore dell’Occidente continentale.
Il tema non è mettere in discussione l’alleanza storica con gli USA, ma quello che, nella scelta di seguire Trump, rischiamo di compromettere il nostro futuro europeo e la nostra capacità di esercitare un’influenza decisiva all’interno di una comunità che dovrebbe rappresentare la nostra vera forza.
Non possiamo permetterci né di indebolire l’Europa, né di permettere che l’Italia venga estraniata da un progetto unitario che è la nostra vera casa.
I repubblicani italiani, seguendo la lezione di La Malfa e Spadolini, non possono rinunciare al loro impegno per un’Europa coesa e per una politica estera che sappia essere autonoma, forte e rispettata e, con per la stesa lezione, ribadire che siamo leali con gli USA ma fedeli solo al dettato costituzionale all’interesse del Paese nel contesto europeo.
Con Meloni che si allinea con Trump, l’Italia potrebbe rischiare di essere vista non più come un partner di pari livello, ma come un semplice strumento nelle mani di un progetto che non rispetta la nostra identità europea.
Ed è proprio questo che dobbiamo evitare: il nostro futuro non può essere legato a una subalternità che non solo danneggia la nostra posizione internazionale, ma mina anche il nostro ruolo di protagonista nell’Europa del futuro.
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